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Segesta – Erice – Trapani – Saline di Trapani

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Il prezzo per persona 120
  • Fuori Città


Descrizione

      Segesta – Erice – Trapani – Saline di Trapani

Partenza da Palermo

  • 30 euro l’ora o frazione di ora per auto fino a 4 pax
  • 50 euro l’ora o frazione di ora per minivan  da 5 a 8 pax.

Itinerario

  • Partenza da Palermo
  • Tempio Greco di Segesta
  • Teatro di Segesta
  • Ritrovamenti medievali e romani
  • Erice
  • Trapani città
  • Saline di Trapani

Segesta – (in greco antico: Ἕγεστα) fu un’antica città elima situata nella parte nord-occidentale della Sicilia. La vecchia città sorge sul Monte Barbaro, nel territorio comunale di Calatafimi Segesta, nel libero consorzio comunale di Trapani, a pochi chilometri da Alcamo e da Castellammare del Golfo. Custodisce, all’interno del parco archeologico, un tempio in stile dorico e un teatro di età ellenistica, in parte scavato nella roccia della collina. Altri scavi hanno portato alla luce una cittadina ellenistico-romana e un borgo medievale. I segestani utilizzarono come porto la città di Castellammare del Golfo.

Saline di Trapani – Di origine fenicia, il geografo arabo al-Idrīsī documenta la presenza delle saline già nel periodo della dominazione normanna in Sicilia. Sotto il regno di Federico di Svevia fu istituito il monopolio di Stato sulla produzione del sale, che si protrasse anche durante la dominazione angioina. Furono in seguito gli aragonesi a sancire il ritorno alla proprietà privata, ma fu sotto la corona spagnola che l’attività di produzione del sale raggiunse la sua acme, trasformando il porto di Trapani nel più importante centro europeo di commercio del prezioso elemento. Le saline da Trapani, con il tempo di estesero fino alle isole dello Stagnone. In alto il Museo del Sale di Nubia (salina Calcara), in basso il mulino di Infersa. Dal 1861 con l’Unità d’Italia queste saline non furono nazionalizzate, e furono le uniche a superare il monopolio del sale da parte dello Stato, esportandolo in diversi paesi. Dopo la prima guerra mondiale con la concorrenza delle saline industrializzate di Cagliari e Santa Margherita in Puglia, iniziò la decadenza delle saline trapanesi, accentuata dallo scoppio della Seconda guerra mondiale e dalla concorrenza, italiana e straniera, del salgemma. Molte delle saline furono dismesse o abbandonate, come i caratteristici mulini a vento. La ripresa si ebbe con l’istituzione della Riserva, avvenuta con decreto dell’Assessore al territorio e ambiente della Regione siciliana n. 257 dell’11 maggio 1995, ed il suo affidamento in gestione al WWF Italia. È stato emananto un regolamento che ha permesso di “esercitare la salicoltura nelle aree tradizionalmente a ciò destinate e l’attività di acquacoltura di parte delle saline”. Si è quindi assistito ad un nuovo rilancio delle attività produttive e della lavorazione del sale, da parte della Sosalt, che è il principale produttore, con l’approvazione di interventi di restauro e recupero degli impianti abbandonati, cui si sono aggiunti gli altri piccoli produttori. Il sale marino trapanese, inserito nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nell’aprile 2011 ha anche ottenuto il riconoscimento dell’IGP con la denominazione “Sale marino di Trapani”. Nel 2011 le saline di Trapani hanno ottenuto l’inserimento nell’elenco delle zone umide Ramsar, con decreto del Ministero dell’ambiente.

Erice – Nel centro cittadino, che è posto sulla vetta dell’omonimo Monte Erice, sono residenti solo 1024 abitanti (popolazione che si decuplica nel periodo estivo), mentre la maggior parte della popolazione si concentra a valle, nell’abitato di Casa Santa, contiguo alla città di Trapani. Il nome di Erice deriva da Erix, un personaggio mitologico, figlio di Afrodite e di Bute, ucciso da Eracle. Il territorio di Monte San Giuliano, oggi denominato Agro ericino, comprendeva oltre al territorio dell’attuale comune, anche quelli di Valderice, Custonaci, San Vito Lo Capo, Buseto Palizzolo e parte di quello di Castellammare del Golfo. L’imperatore Federico II, con un privilegio del 1241, aveva concesso agli ericini il possesso di questo vasto territorio che comprendeva al suo interno numerose località, chiamate casali: casale Curtii, casale Scupelli, casale Fraginisi, casale Rachalgimir, casale Sanctæ Yrini, casale Rachalhab, casale Handiluhiara, casale Bumbuluni, casale Murfi, casale Busit, casale Arcudacii, casale Ynnichi, casale Hurri, casale Rachalculei, con tutti i loro tenimenti e le loro pertinenze. Questo territorio, sul quale l’universitas esercitava la sua giurisdizione, era diviso in feudi e contrade: la sua estensione era, fino al 1846 di circa 40000 ettari, il suo litorale si prolungava per 26 miglia dalla spiaggia di Castellammare del Golfo a quella di San Giuliano e al suo interno erano comprese tre baronie. La prima era quella di Baida, che confinava a settentrione con la spiaggia e il cui barone godeva il mero e misto impero; l’altra era quella di Inici, della quale erano feudatari i Sanclemente; l’ultima era quella di Arcodaci, proprietà della famiglia Monroy. All’universitas spettavano il feudo Ralibesi, il cui nome – come quello di molte altre contrade della regione – è di origine islamica, il feudo Xambola, il feudo Lacci, il feudo Punta, così chiamato per una punta di terra che si estende verso il mare chiamata capo san Vito, il feudo di Castelluzzo, che prese il nome da un castello che si trovava in questa località, e il feudo Sanguigno. Il 24 gennaio 1846 parte di questo territorio veniva sottratto all’universitas di Monte San Giuliano e attribuito a Castellammare del Golfo. Dal suo territorio, se ne distaccarono tra il 1948 e il 1955 ampie porzioni che costituirono i comuni di Valderice, Custonaci, San Vito Lo Capo e Buseto Palizzolo. Cuore del comune è il capoluogo che sorge sull’omonimo “monte”. Diverse le frazioni che completano il territorio, alle falde della montagna madre (Casa Santa, Pizzolungo, Roccaforte, Rigaletta, Tangi, Ballata, Napola, ecc.).